TRATTO DAL LIBRO “SETTIMANA SANTA” – Edito Foto Belviso
Rientrata la processione dei Misteri nella Chiesa dell’Addolorata, i fedeli si recavano nelle chiese per assistere alla funzione religiosa detta “l’ agunije“, che dopo canti e preci che commentavano le sette parole pronunciate da Gesù sulla Croce, culminava con la rievocazione della morte del Signore alle ore tre del pomeriggio.
Nella Chiesa Madre si venerava un Cristo con il collo, il tronco e le braccia mobili, tenuto da alcune corde, che venivano lasciate al momento della morte, dando così l’ impressione di un corpo esanime.
Diversi predicatori si avvicendavano sui pulpiti, e i versi del Metastasio, le melodie dei Maestri Prisciano Martucci e Francesco Pisano, echeggiavano nelle navate delle chiese. Il bacio della Croce chiudeva questa commovente funzione.
Subito dopo iniziava la liturgia della Passione. Il sacerdote e i ministranti, a piedi scalzi in segno di riverenza, si prostravano ai piedi della Croce per venerarla, tra un silenzio commovente che pervadeva gli animi dei presenti.
Seguiva la lettura del “Passio“, lo scoprimento della croce: “Ecce lignum crucis, venire adoremus“! (Ecco il legno della Croce, venite adoriamo!). Il coro, frattanto, cantava gli “improperia“, cioè parole di rimprovero al popolo ebreo e all’ anima cristiana, attribuite al Redentore, intercalate dal “Trisagio“, antichissima preghiera composta da S. Giovanni Damasceno. Seguiva il canto del “Vexilla Regis“, la spoliazione del Sepolcro e la distribuzione dell’Eucarestia. Il Crocifisso rimaneva ai piedi dell’ altare per l’ adorazione dei fedeli. E all’ imbrunire, ecco snodarsi dalla Chiesa di S. Agostino, nella Terra Vecchia, la processione della Desolata.
Anticamente i Canonici Regolari officiavano la processione con la gente del borgo, infatti il culto della Desolata era praticato già nel XVIII secolo.
Il simulacro portato in processione è un gruppo statuario caratteristico, risalente alla metà dell’ ‘800: una Madonna Addolorata con abiti neri ricamati e sul petto un cuore d’ argento trafitto da un pugnale, un Cristo Morto adagiato sul suo grembo, due angioletti che recano i simboli della Passione, la corona di spine e la scritta “INRI” e, dietro la Vergine, un Angelo che adagiando un braccio sulle sue spalle la consola, in quanto colpita da tanto e immenso dolore.
Sovrasta il gruppo una Croce con il sudario. Davanti, una lumiera con ceri rende ancora più suggestiva l’ atmosfera. Anticamente su di essa venivano appuntate banconote quale obolo per le necessità della Chiesa.
La processione è officiata da tempi remoti dalla Confraternita del SS. Sacramento. Essa si snoda dapprima per le suggestive e anguste viuzze della Terra Vecchia, aperta dalla Croce Calvaria, i fedeli, i confratelli, due Cristi Rossi, il simulacro affiancato da quattro lampieri con nastro nero in segno di lutto e poi i portantini di tutte le età, con una devozione che rende sopportabile il peso della statua, impropriamente detta “Desolata” e che altro non è che la “Pietà”.
Poi si affaccia anche nelle strade ottocentesche della città, fino a raggiungere il corso principale, la strada larga per poi rientrare in Chiesa attraversando piazza castello e via della Chiesa, transitando davanti alla Chiesa Madre.
Da diversi anni i confratelli recano una torcia che illumina le strade e il volto piangente e addolorato della Madonna che ha un’ espressione singolare e unica nell’ atto di guardare il corpo, ma soprattutto il volto sfigurato e insanguinato del Figlio.
Chiude il corteo la banda cittadina che esegue le struggenti marce funebri e la schola cantorum che intona:
Quel sacro santo sangue, cancelli l’ error. E Tu Madre, che immota vedesti un tal Figlio morir sulla croce, per noi prega, o Regina dei mesti, che il possiamo in sua gloria veder, che i dolori onde il secol atroce …