È finalmente realtà la prima filiera etica in Italia contro il caporalato, frutto dell’intesa tra il Gruppo Megamark di Trani (leader della distribuzione moderna nel Mezzogiorno con oltre 500 supermercati), l’associazione internazionale anti caporalato NO CAP (impegnata nel promuovere e valorizzare le aziende agricole che rispettanola legalità e i diritti dei lavoratori) e Rete Per la terra (associazione e rete tra imprese che promuovono pratiche agroecologiche di lavoro della terra).
Si tratta del primo esperimento in Italia basato su un sistema di tracciabilità delle filiere agroalimentari mediante l’uso congiunto del bollino etico denominato “NoCap” promosso dall’Associazione NO CAP e del marchio di qualità etico “IAMME”, a breve nei supermercati a insegna A&O, Dok, Famila, Iperfamila e Sole365 del Mezzogiorno con cinque tipologie di conserve di pomodoro biologico, frutta e verdura fresche.
Il progetto mira a contrastare il caporalato e, in generale, il lavoro irregolare nel settore agricolo, garantendo ai produttori un prezzo giusto per i loro prodotti e ai lavoratori il pieno rispetto dei loro diritti, a partire dall’applicazione dei contratti collettivi del lavoro. Nel protocollo firmato alcuni giorni fa, infatti, il Gruppo Megamark si è impegnato ad acquistare prodotti agricoli etici garantiti dal bollino NoCap, rilasciato alle imprese agricole e di trasformazione dopo apposite verifiche effettuate dagli ispettori dell’Associazione NO CAP e, successivamente, dall’ente di certificazione DQA accreditato presso il Minpaf e Accredia.
In questa fase sperimentale, il progetto si sta svolgendo in tre aree d’Italia: in Capitanata (Puglia), dove si raccolgono pomodori che si trasformano in conserve (pelati e passate) coinvolgendo circa 60 lavoratori, nel Metapontino (Basilicata) in cui un centinaio di lavoratori raccolgono e confezionano prodotti freschi (tra cui finocchi, carciofi, peperoni, uva, insalata,ortaggi e frutta) e nel Ragusano (Sicilia), dove una quarantina di lavoratori coltivano alcune varietà di pomodoro (pachino, pomodori gialli, ciliegino).
Al momento il progetto coinvolge una ventina di aziende e circa 100 braccianti extracomunitari selezionati principalmente all’interno di ghetti e baraccopoli delle tre regioni, sottratti alla malavita e al ricatto dei caporali. A questi ragazzi, provenienti da Ghana, Senegal, Mali, Burkina Faso, Gambia e Costa d’Avorio, sono stati garantiti alloggi dignitosi (al posto dei ghetti) e contratti di lavoro regolari, spostamenti con mezzi di trasporto adeguati (al posto dei furgoni “killer” dei caporali), visite mediche, dispositivi per la sicurezza sul lavoro (scarpe antinfortunistiche, tute, guanti, mascherine) e bagni chimici nei campi di raccolta.
“È una prima goccia che cade in quell’atroce oceano chiamato caporalato – ha ricordato il cavaliere del lavoro Giovanni Pomarico, a capo del Gruppo Megamark –, tuttavia noi ci siamo e speriamo che altri attori del nostro comparto possano avviare filiere analoghe a IAMME. Sono progetti in cui vincono tutti, dai ragazzi che hanno un lavoro dignitoso alle imprese che producono nella legalità, dai supermercati che propongono prodotti etici e di qualità ai loro clienti che possono scegliere un consumo più consapevole”.
“Questo progetto segna un primo passo per sconfiggere il caporalato – ha confermato Yvan Sagnet, l’ingegnere camerunense arrivato in Italia nel 2007 e a capo della protesta dei braccianti di Nardò del 2011 da cui ebbe origine l’iter per la legge sul caporalato – tuttavia è necessario che ognuno faccia la propria parte, in primis chi deve applicare la legge 199/2016, finora disattesa nella parte relativa alla prevenzione e alla creazione di reti tra istituzioni, centri per l’impiego, ispettorati, imprese e lavoratori. Anche ai consumatori chiediamo attenzione e maggiore consapevolezza nell’acquisto dei prodotti”.
Per coinvolgere nel progetto solo imprese virtuose a livello etico e ambientale, l’associazione NO CAP sottopone imprese e prodotti a una valutazione fondata su una matrice multifunzione, assunta come base per il rilascio del bollino ‘NoCap’. Oltre al principale criterio dell’etica del lavoro, da rispettarsi pienamente, la matrice valuta, con un punteggio da 1 a 5, altri aspetti aziendali: ‘Filiera corta’, ‘Rifiuti zero’, ‘Decarbonizzazione’, ‘Trattamento degli animali’ e ‘Valore aggiunto del prodotto’.
“Il progetto – ha aggiunto Sagnet – ha un enorme potenziale di crescita che potrebbe consentire l’assunzione di migliaia di lavoratori. Ce la stiamo mettendo tutta per il bene della comunità, insieme a tante organizzazioni e persone che ringraziamo: dall’Associazione Ghetto Out-Casa Sankara alla Regione Puglia, da Goodland a Don Pino Caisso, Don Antonio Polidoro e Don Beniamino Sacco, impagabili per il loro supporto logistico e abitativo”.
“IAMME – ha ribadito Francesco Pomarico, direttore operativo del Gruppo Megamark – è il nostro contributo per una società migliore in cui chi lavora nel settore agroalimentare, impresa o bracciante di qualsiasi razza o provenienza, deve farlo nel solcodelle leggi. Oggi partiamo con cinque referenze di conserve e numerosi prodotti freschi, tuttavia vorremmo proporre ai nostri clienti sempre più prodotti con importanti contenuti etici e ambientali”.
“Il sistema agroalimentare italiano – ha sottolineato Gianni Fabbris, presidente dell’associazione ‘Rete Perlaterra – è in un rischio grande: quello di perdere irrimediabilmente il proprio patrimonio di lavoro e produzione agricola per diventare solo una grande piattaforma speculativa. È con il lavoro dei nostri contadini e dei nostri braccianti che abbiamo saputo costruire nei millenni il patrimonio di culture che fanno del nostro cibo e del nostro paesaggio un unicum al mondo. Con l’alleanza fra i produttori, i lavoratori salariati e la distribuzione intelligente apriamo oggi il percorso per difendere il nostro patrimonio e dare ai cittadini la certezza di un cibo giusto e un territorio tutelato”.