Carissimi fratelli e sorelle,
carissimi fratelli presbiteri, diaconi e sorelle religiose,
carissime Autorità,
carissimi Presidente e membri della Deputazione Feste Patronali,
non abbiamo voluto lasciare cadere nell’oblio una giornata che, per Cerignola, è piena di attesa e di trepidazione, quella del sabato fra l’Ottava di Pasqua, in cui Maria si fa quasi pellegrina, per tornare dal Santuario di Ripalta in città. La Sacra Icona, accompagnata dal popolo di Dio, sembra quasi farci raccogliere, in un pellegrinaggio di fede, i frutti di quella “consegna” che Gesù ha fatto dalla croce, della sua Madre al discepolo amato e del discepolo amato a Maria. Ora Lei cammina con noi per le strade del mondo e i secoli.
Quest’anno il nostro pellegrinaggio è spirituale: non ci vede “muovere le gambe” per i campi verdeggianti e fioriti, ma ci fa camminare in una situazione spirituale che è di sofferenza e di speranza. È la sofferenza dei malati di Covid-19, quella dei loro familiari, quella di chi piange una persona cara defunta per questo terribile morbo. È la sofferenza di tante famiglie prostrate dalla chiusura di molte attività economiche e che chiedono, ove possibile, misure che uniscano alla necessaria prevenzione del contagio anche di poter continuare il proprio onesto lavoro.
La nostra vita spirituale, in questo pellegrinaggio, è nutrita da speranze che ci fanno sentire di essere una comunità: prima fra tutte le diminuzione e la fine del contagio, la vaccinazione che assicuri immunità a tutti, la ripresa di una vita sociale, in primis della scuola in presenza, dell’economia, della vita pastorale in tutti i suoi aspetti. In tale pellegrinaggio, ognuno di noi è chiamato ad “essere uomo e donna” che dà speranza, con un fattivo contributo. Lo daremo anche per la delicata operazione della vaccinazione, per la quale la nostra Opera Salesiana ha messo a disposizione i propri spazi.
Ci dà speranza la Parola di Dio che, oggi, nella prima lettura ci presenta due uomini profondamente cambiati (At 4,13-21). Sono Pietro e Giovanni: solo la settimana scorsa, nella narrazione della Passione, li vedevamo esitanti, dubbiosi e isolati.
Soprattutto isolati: Pietro era fuggito dall’ultimo luogo della prova della sua fede, il cortile del Sommo Sacerdote, dopo aver rinnegato Gesù. Giovanni era rimasto tenace, ma solo. Così può accadere nella prova: che venga meno quell’andare “a due a due” che Gesù ha raccomandato ai suoi Apostoli per dare un segno di credibilità e di comunione alla loro missione. Quante volte accade questo nella vita della Chiesa e della società.
Dopo la risurrezione di Gesù e il dono dello Spirito Santo a Pentecoste, i due Apostoli testimoniano il Signore insieme; nel nome di Cristo Gesù donano la guarigione al paralitico alla Porta Bella del Tempio; soffrono insieme e ancora testimoniano che occorre obbedire a Dio piuttosto che alle trame di una politica “interessata” a negare la verità.
Cari fratelli e sorelle, quei due discepoli insieme, dopo la Risurrezione di Cristo e la Pentecoste, ci indicano la strada della Chiesa, della sua credibilità, ma sono anche un segno di speranza per la società. Insieme e non divisi: nel dialogo, nella stima reciproca, nel “dire bene” dell’altro, nel costruire una comunità, nell’obbedienza al comandamento dell’Amore. Una Chiesa così sarà la speranza per la nostra umanità e una società di uomini e di donne che coltivano la concordia, sarà speranza per le future generazioni.
E Maria Santissima è per tutti noi “speranza”! Dante Alighieri, il sommo poeta di cui celebriamo i settecento anni dalla morte, che a noi deve essere caro perché un figlio della nostra terra, Nicola Zingarelli, è stato un suo grande studioso, nella cantica del Paradiso, mette sulla bocca di San Bernardo, queste parole:
“qui se’ a noi meridiana face; di caritate,
e giuso, intra i mortali; se’ di speranza fontana vivace”.
Mette sulla bocca del grande fondatore dei Cistercensi queste parole perché egli compose l’antifona Salve Regina, nella quale Maria è cantata come “speranza nostra”. Queste parole, nella Divina Commedia, Dante immagina siano rivolte a Maria nel giorno di Pasqua, l’ultimo del suo pellegrinaggio da Inferno, Purgatorio e Paradiso. E passa, perciò, da quel “perdete ogni speranza o voi che entrate”, sulla porta degli inferi, al canto di Colei che è “fontana vivace di speranza”.
Maria è tale nella luce della Pasqua perché ci ha donato l’Autore della Vita, che è eterna, non più solo mortale. Lei, in Paradiso, è “meridiana face”, cioè un sole splendente come a mezzogiorno; “di caritate” perché la Carità di Dio infiamma la Vergine, i Santi e noi, esuli figli di Eva. E “giuso”, quaggiù, è “fontana vivace di speranza”: fonte di speranza perché da Lei scaturisce l’Acqua viva, Colui che ha chiesto da bere alla Samaritana, che ha chiesto di bere sulla croce, ma in verità ci dona la speranza davanti ad ogni difficoltà.
E noi vogliamo affidargli Cerignola e l’intera Diocesi, la Città in tutte le sue componenti, i poveri, gli immigrati e gli emigrati, perché mai a nessuno manchi la speranza.
Torniamo qui, ad attingere da questa fontana vivace, la speranza che, come dice Charles Peguy, “ha il compito di ricominciare sempre dal principio… A lei spetta il compito d’introdurre dappertutto cominciamenti d’incominciamenti…”.
† Luigi Renna
Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano