Bollette: caro pasta costa 49mln in più ai pugliesi; +54% prezzo anche su quotazioni minime

Pesa soprattutto sulle famiglie più povere

Le famiglie pugliesi spenderanno nel 2022 solo per la pasta quasi 49 milioni di euro in più rispetto all’anno precedente a causa dei rincari record scatenati dalla guerra in Ucraina e delle distorsioni all’interno delle filiere che impoveriscono le tasche dei cittadini e danneggiano gli agricoltori. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Istat che fotografa gli effetti dell’aumento dei prezzi del prodotto alimentare più presente sulle tavole degli italiani.

Un conto che – sottolinea la Coldiretti Puglia – grava soprattutto sulle famiglie più povere dove la pasta ha una incidenza più elevata sulla spesa quotidiana. A Bari un chilo di pasta di semola può costare fino a 2,5 euro, con un aumento del 54% del prezzo anche sui prezzi minimi, secondo le elaborazioni di Coldiretti Puglia su dati dell’Osservatorio prezzi del Ministero dello Sviluppo economico.

L’incidenza del costo del grano sul prezzo di penne e spaghetti è marginale, come dimostra anche l’estrema variabilità delle quotazioni al dettaglio lungo la Penisola mentre quelli del grano sono stabiliti dalle quotazioni internazionali. Un chilo di grano viene pagato oggi agli agricoltori intorno ai 47 centesimi al di sotto dei costi di produzione che sono schizzati alle stelle. In Puglia si è infatti verificato il crollo dei raccolti fino al -35% con gli agricoltori che hanno dovuto anche affrontare rincari delle spese di produzione che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio con incrementi medi dei costi correnti del 68% secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Crea.

Intanto, è raddoppiato il numero delle famiglie in povertà relativa in Puglia, passate in 1 anno da 290mila a 440mila, a causa della crisi scatenata dalla guerra in Ucraina con l’aumento dei prezzi e i rincari delle bollette energetiche, a partire da gas e luce, aggiunge Coldiretti Puglia sulla base dei dati Istat secondo i quali su scala regionale la Puglia è passata dal 18,1% di indice di povertà relativa nel 2020 al 27,5% nel 2021, il dato di crescita di povertà relativa più alto d’Italia.

Con la crisi un numero crescente di persone è stato costretto a far ricorso alle mense dei poveri e molto più frequentemente – sottolinea la Coldiretti regionale – ai pacchi alimentari, anche per le limitazioni rese necessarie dalla pandemia. Fra i nuovi poveri – continua la Coldiretti Puglia – ci sono coloro che hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività colpite dalle misure contro la pandemia. Persone e famiglie che mai prima d’ora – precisa la Coldiretti – avevano sperimentato condizioni di vita così problematiche.

Con la forte dipendenza dall’estero la guerra ha dunque moltiplicato – sottolinea la Coldiretti regionale – manovre speculative e pratiche sleali sui prodotti alimentari aggravando una situazione che vede il nostro Paese dipendente dalle importazioni straniere già per il 44% del grano duro per la pasta.

Occorre ridurre la dipendenza dall’estero e lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali, conclude Coldiretti nel sottolineare che serve anche investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento di risposta ai cambiamenti climatici.