A seguito delle ripetute aggressioni avvenute all’interno del carcere del capoluogo dauno, il sindacato di Polizia penitenziaria ha svolto un sit-in di protesta all’esterno della medesima struttura.
Gli americani a Cerignola
di Domenico Carbone.
Alla fine di settembre del ’43, gli alleati entravano e si stabilivano in Cerignola. La scelta dell’ampio e articolato insediamento era dovuta in parte alla natura pianeggiante del territorio che favoriva la realizzazione attraverso lamiere traforate, chiamate grelle, la costruzione di piste di decollo e di atterraggio, e, in parte, per la posizione epicentrica rispetto allo scacchiere bellico ancora in atto a nord e ad est dell’Europa, oltre che a sud nel Mediterraneo. Il nodo aero-militare fu organizzato nel Tavoliere in senso triangolare, con la punta rappresentata dall’aeroporto di Amendola e i due lati, rispettivamente, dai presidi costruiti a Borgo Laserpe, poi Mezzanone, e a Cerignola nelle contrade agricole di Torretta e con Torre Giulia e S.Giovanni in Zezza a fare da base. E’ stato in quest’ ultima località che si svolse un’esperienza di vita destinata negli anni ad avere un simpatico prosieguo. Il non ancora tredicenne, Mario Capocefalo, era lì quando gli americani erano alle prese con l’allestimento delle tende da campo. Mario, sveglio, volenteroso, intelligente, si impegnò con lo spirito che ricorda il Menico dei Promessi Sposi, impegnandosi per ogni utilità verso gli avieri americani, con i quali stabilì un particolare rapporto di confidenza. Imparò la loro lingua, dapprima “tent-boy”, divenne traduttore, era lo Sciuscià , celebrato dalla cinematografia del dopoguerra, in versione cerignolana. A S. Giovanni in Zezza, conobbe il futuro candidato alla Casa Bianca ai tempi di Nixon, cioè George Mc Govern, che volle rivedere Capocefalo al Grand Hilton di Roma, di cui è stato “Maitre” per molti anni, in occasione di una sua visita in Italia. Tornato a Cerignola, Mario diventò “ambasciatore” di Cerignola negli Stati Uniti, agevolò gemellaggi fra le scuole del Kansas e del Colorado e di Cerignola, fra cui quello voluto nell’ anno 2001/2002 dall’Istituto d’Arte diretto dal Preside, Mario Granata. L’ultimo episodio da lui stesso raccontato è commovente. Un aviere, decollando per una operazione di guerra, consegnò al ragazzino Capocefalo una sua foto con dedica, perché la consegnasse alla fidanzata, in caso di “non ritorno”, che purtroppo avvenne. In occasione del suo ultimo viaggio negli Stati Uniti, Mario consegnò la foto ad una signora ormai anziana, che 67 anni prima era la fidanzata dell’innamorato pilota. Tutti i mass-media statunitensi ne parlarono, Capocefalo diventò il più amato italiano dopo il sindaco di New York, Fiorello Laguardia. Gli anglo-americani ,si diceva innanzi, a Cerignola occuparono per le loro esigenze logistiche luoghi pubblici ,come il Campo Sportivo, il Palazzo Ducale, l’edificio Carducci, l’ex Cabina Elettrica, in Piazza Duomo Palazzo Logoluso (Sede del Comandante), Palazzo Manfredi (Quartier Generale) e Palazzo Manzari in foto
( Sale di rappresentanza) e il Villino Vitrani (sede della Croce Rossa). Fu pure utilizzata la Scuola Agraria, all’interno della quale il Padiglione di Meccanica Agraria, che fu adibito a Dispensario Militare, conserva quattro affreschi(foto)raffiguranti personaggi dei primi cartoni animati creati da Disney.
Vie, piazze e palazzi di Cerignola
di Domenico Carbone.
Il proprietario, il progettista, il costruttore di opere come queste non si è lasciato condizionare, secondo noi, dalla posizione più o meno esposta alla visibilità. Palazzo d’Amati va oltre. E’una residenza di strada e appartiene a quella specie di architettura che concilia il gusto con la bellezza, che mostra conoscenza senza superbia, che accetta la sfida con il futuro e le sue mode temporali. Portale signorile, origami di pietra o di calco alle fessure, stemma non spocchioso, capitelli raffinati, scalinata d’accesso appena sbirciata che fa fantasticare oltre il consentito, piedistalli a sostegno dei balconi che diventano arredo, corredo , occasioni architettoniche. Se questo è il fotogramma del frontespizio su via Paolillo, in via S.M. del Rosario si svolge il secondo atto esteriore del palazzo con scalanature, modanature ed altri complementi d’arte edilizia all’altezza delle aspettative che l’intero fabbricato crea. Il palazzo è tuttora la dimora della famiglia d’Amati, a cui apparteneva l’ultimo ingegnere-capo del Comune, epigono di una tradizione , prima che tecnica ,culturale alla guida della relativa struttura comunale. Gli ingg. Caputi , Raitani e d’Amati, infatti, hanno governato e orientato l’edilizia e i lavori pubblici durante la nostra lunga “Belle epoque” all’insegna anche della bellezza. Poi, dalla fine degli anni ’60 , il tempo è cambiato , le tre “ E “ dell’efficacia, dell’efficienza , dell’economicità – complice la funzionalità – hanno seppellito, come si sa, la favola della “bellezza che salverà il mondo” , che Dostoevskij fa dire al principe Mishkin nell’ “I d i o t a